Il fatto che abbia letto Chilografia, romanzo d’esordio di Domitilla Pirro edito da effequ, proprio negli ultimi giorni del 2018 non mi ha permesso di inserirlo tra i Cinque libri che mi hanno salvata nel 2018, appunto, ma col senno di poi avrei voluto, avrei dovuto fortemente citarlo, menzionarlo, consigliarvelo. Quale occasione migliore per parlarvene, se non l’ultimo lunedì dell’anno?
Per capire il tempo bisogna liberarsi delle parole. Le parole delle cose e le parole dei corpi. Le parole finite, quelle che si possono contare.
Leggere Chilografia è stata folgorazione. Un romanzo che racconta così bene di quelle tante cose che non vanno nella quotidianità di famiglie apparentemente normali, messe insieme per caso e per noia, in una provincia che porta con sé il suono squillante e caratteristico del dialetto. Un romanzo di formazione in cui la sua protagonista trova rifugio nel cibo e in quella che è la sua diretta conseguenza: il peso sulla bilancia. Leggere Chilografia è stata anche una sorpresa: è, letteralmente, quel tipo di romanzo da cui non riesci a staccarti perché ti parla, racconta di quelle piccole storie che magari conosci molto bene, perché in quell’ambiente ci sei nato, o almeno in un altro che possa somigliargli abbastanza.
La storia e i personaggi
Chilografia è un romanzo tanto disfunzionale quanto vero, umano. Racconta la storia di Palla, che in realtà si chiama Palma, a partire da quando era solo un microscopico nucleo di cellule fino a quando, ventenne dei primi anni duemila, si trova a fare i conti con la concezione del cibo come rimedio, rifugio da tutti i mali, in una vita svantaggiata e votata alla ricerca di qualcosa, di un sentimento che potesse essere almeno un po’ simile all’amore. Una storia che comincia all’alba degli anni ottanta per concludersi, in modo liberatorio e inaspettato, in quei primi anni duemila che sembrano l’altoieri, invece no.
Per Palla i suoi genitori non sono mai stati un modello da seguire. La madre, Stefania, è frenetica dietro alle due figlie e sempre infelice, accatasta parole una dietro l’altro che si rivelano vuote. Troverà il suo sollievo in Pierpi, l’amante poi compagno dopo che ha lasciato il marito, quest’ultimo meglio conosciuto come il Burino.
Il padre di Palla, inviso a madre e sorella, è lo specchio dellìambiente sempliciotto a cui a appartiene, quello della provincia con le sue estati nel casotto abusivo dei nonni in campagna e una separazione arrivata tra capo e collo, non si sa nemmeno come. Molto più di madre e sorella, Palla si sente vicina a suo padre. Sullo sfondo, ma neanche tanto, i nonni campagnoli e bonari del paese (mangiaanonna) e la nonna ripulita e con fare giovanile della città.
Più i rapporti interpersonali di Palla sono una catastrofe, più la bambina poi ragazza si rifugia nel cibo. Complice la passione per il gaming, con quei giochi che permettono di creare la vita perfetta che in realtà non hai (primo su tutti The Sims, che in Chilografia riveste un ruolo non indifferente) e l’avvento di internet anche nelle case di noi persone tanto normalissime che a volte no, facciamo il giro e diventiamo più disfunzionali di prima, Palla (in rete K4T3G4M3) conosce Angelo (Tato76), ragazzo disfunzionale a modo suo che conoscerà di persona e con cui comincerà una relazione alquanto tossica.
Palla
Chilografia di Domitilla Pirro è un diario sempre aggiornato, un racconto vero e pieno di vita e di problemi, un flusso di coscienza scandito dai numeri segnati dalla bilancia e dal passare del tempo. Protagonista assoluta, seppur con il tocco leggero e indeciso di chi in questa vita non trova mai il suo posto nel mondo, è Palla.
Palma è l’immobilità dei sassi di fiume, la durezza precaria di un gheriglio, la friabilità delle cose vecchie, la vuota compostezza della lettera O. Accucciata ai piedi dei gradini con le mani sulle orecchie e gli occhi molto aperti.
I suoi chili diventano immediatamente corazza per quando va tutto male, una bella liberazione dai pensieri, dal non sentirsi mai totalmente accettata. Fin quando Palla ingerisce qualcosa di commestibile, che sia dolce o salato va tutto bene. Questa liberazione da tutto ciò che la circonda, questo rinchiudersi in sé stessa e nel cibo ha delle conseguenze, anche gravi, ma Palma/Palla prende a rotolare in questa vita che proprio non le piace, su sé stessa e cercando di travolgere gli altri, che proprio non sembrano volerla.
Rotola Palla lungo il sentiero, fantavalanga, macina i metri che è una bellezza, rimbalza da un ramo all’altro, si sente un coniglio, una bestia del bosco; non pensa che la risalita sarà dura, non pensa che ha sete, che sfiata la gola. Per una volta pensa solo in avanti: pensa che è veloce, spaventosamente veloce, finalmente.
In Chilografia, ad un certo punto, quello di Palla diventa l’unico punto di vista possibile, l’unica ragione da ascoltare. Si empatizza molto con questa protagonista, sempre bambina e forse un po’ ingenua. Oltre ai tanti chili che aumentano di pagina in pagina, di anno in anno, di Palla il lettore arriva a conoscere soprattutto il dolore. Un dolore immenso, un buco nero da riempire di affetto, di cibo. Chilografia riesce benissimo a raccontare un problema che non è solo fisico, quella è una conseguenza, e fa male.
Il linguaggio
«Ennò che cazzo, Mina!»
«E ‘o dicevo io che vomitava.»
«Passami uno strappo di scottex. Faccio io statti fermo. Fai venire di qua Clara, che si fredda. Quante cazzo di volte te lo devo dire? Muoviti. Burino! Manco l’italiano. No ninnina non piangere a mamma, cantiamo. Cantiamo, Mina. Come fa la canzone. Va a scuola col cestello pieno pieno di pizzutello. Non piangere ninni che se piangi tu, mamma che fa? Che fa mamma? Zitta mamma zitta, cantiamo. Se lo vede la maestra, la butta… la butta… giù! dalla finestra!»
Lasciando per un attimo da parte la storia, che come potete vedere, ha una sua potenza sia emotiva che fisica, quello che colpisce e si insinua sotto la pelle in Chilografia è il linguaggio con cui Domitilla Pirro ha scelto di raccontarci la storia di Palla. Un dialetto ibrido tra quello romano e quello che proprio romano-romano non è, ma lo scimmiotta un po’: quella parlata che va oltre i castelli romani, dove la cadenza della città si mescola ad altro. Un linguaggio sempre forte, colorito, diretto in cui i personaggi sono connotati proprio in base a quello. Se Chilografia è una storia potente che sorprende e sconvolge, lo si deve anche al linguaggio scelto dalla sua autrice.
Chilografia è quel romanzo è avrei decisamente voluto leggere prima durante l’anno che oggi volge al termine. Fatevi un regalo: fate che sia una delle vostre prime letture dell’anno nuovo. Non ve ne pentirete, lasciandovi travolgere da Palla, dalla sua fantavalanga e dalla sua storia.
Chilografia. Diario vorace di palla, Domitilla Pirro (effequ), pp. 208
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Leggo e scrivo di libri. Vado ai concerti. Lavoro coi social. Cerco cose belle. Consigli di lettura ogni lunedì.